anche i fiori sono neri di notte

Rosario Calabrese

24 giugn0 - 22 lugli0 2023

anche
i fiori sono neri di notte

Rosario Calabrese

A cura di ILARIA MONTI

Le macchie giallognole che compaiono sulla carta e le pagine dei vecchi libri sono dovute ad un processo di degradazione chiamato “fioritura”. Immaginiamo che la carta, a modo suo, possa fiorire, ripensiamo un fiore come emersione iconica dalle fibre di un foglio. Il nuovo progetto di Rosario Calabrese prende le mosse da una fascinazione florale, ed è costituito da un ciclo di opere su carta dedicate ad oltre trenta specie diverse tra fiori e piante, raccolte come in un personale erbario che riflette e asseconda ritmi stagionali e quotidiani. L’atmosfera notturna è centrale nella ricerca dell’artista, che qui si misura esclusivamente con il regno botanico, come suggerisce il titolo della mostra: anche i fiori sono neri di notte. L’espressione è presa in prestito da Diario di un ladro (1949) dello scrittore francese Jean Genet, trovata da Calabrese tra le pagine del romanzo e poi riportata nell’opera omonima da cui tutta la serie ha inizio.

anche
i fiori sono neri di notte

Rosario calabrese

A cura di ILARIA MONTI

Le macchie giallognole che compaiono sulla carta e le pagine dei vecchi libri sono dovute ad un processo di degradazione chiamato “fioritura”. Immaginiamo che la carta, a modo suo, possa fiorire, ripensiamo un fiore come emersione iconica dalle fibre di un foglio. Il nuovo progetto di Rosario Calabrese prende le mosse da una fascinazione florale, ed è costituito da un ciclo di opere su carta dedicate ad oltre trenta specie diverse tra fiori e piante, raccolte come in un personale erbario che riflette e asseconda ritmi stagionali e quotidiani.
L’atmosfera notturna è centrale nella ricerca dell’artista, che qui si misura esclusivamente con il regno botanico, come suggerisce il titolo della mostra: anche i fiori sono neri di notte. L’espressione è presa in prestito da Diario di un ladro (1949) dello scrittore francese Jean Genet, trovata da Calabrese tra le pagine del romanzo e poi riportata nell’opera omonima da cui tutta la serie ha inizio.

Esploratore di una dimensione onirica e notturna, Calabrese da sempre predilige le sfumature del blu di Prussia, muovendosi al confine tra figurazione e monocromia. Le sue immagini prendono corpo nel buio, chiedono alle pupille di dilatarsi per abituarsi all’oscurità. Così i fiori sembrano appena emergere dalle superfici d’ombra delle opere, che sono fragili per la delicatezza delle carte e delle polveri utilizzate. In questa fragilità esasperata da una scelta espositiva priva di cornici o di altri dispositivi di protezione, ciascun lavoro si offre nudo allo sguardo, seduce, desidera e stimola il tatto. Ma questi fiori non si toccano, non si raccolgono. Il dato naturale è completamente esposto, eppure sembra appena affiorare, sfumato, dai fondi blu e grigi. L’artista esplora così la soglia tra immagine velata e manifesta, evidenziando il potere attrattivo di ciascun fiore che, pur donandosi, si ritrae in una sensualità luminosa e sinistra al tempo stesso.

Nella serie compieta – termine che nella Liturgia delle Ore indica l’ultima preghiera prima del riposo notturno – sono raffigurati fiori selvatici: veronica, morella, pruno e tarassaco, tra gli altri. Ogni singolo pezzo è stato realizzato nell’ultima ora dei trentuno giorni di maggio, dalle ventitré a mezzanotte, come registrato accuratamente sul retro. Posizionate poco sospese dal pavimento, le opere sembrano germogliare da una terra invisibile, creano un prato immaginario su cui è necessario inginocchiarsi per uno sguardo ravvicinato, come l’atto devozionale di un rito vegetale. La mostra evoca un giardino plumbeo e il corpus di opere si configura come una variazione sul tema ricca di contrappunti tra formati e specie diverse. A parete, lontano da terra, ogni opera si fa schermo, lente di ingrandimento su una natura buia o filtro di luce blu. È questo il caso del grande dittico, dove la giustapposizione di grafite e pittura monocroma sembra alludere al blu della notte che si appresta ad avvolgere la pianta di gelsomino rampicante nell’ombra, fiore di pascoliana memoria che apre i suoi petali al calar della sera. Di questa notte che avanza l’artista ci rende partecipi anche attraverso la diffusione di suoni che riproducono il brulicare di una natura che resta sveglia mentre il resto del mondo dorme, contribuendo ad infittire la trama di corrispondenze e sinestesie

Con questi nuovi lavori Calabrese si confronta con la tradizione grafica e pittorica che, dagli erbari medievali alla pittura contemporanea, ha fatto dello studio dei fiori e della natura morta un campo di prova per la figurazione e per l’astrazione. Echeggiano, in particolare, i
Plant Drawings di Ellworths Kelly – pittore statunitense esponente di spicco del minimalismo e dell’astrattismo, studiato e amato da Calabrese e di cui, proprio il 31 maggio 2023, ricorreva il centenario della nascita. Attraverso il disegno e la pittura l’artista instaura dunque un delicato dialogo con la storia della rappresentazione della natura nelle arti visive, e nel suo campionario di fiori avvolti nel grigio della grafite e nel blu dei pigmenti e della cianotipia, fa pratica del buio – o cambia l’oscurità/ o qualcosa nella vista /si adatta alla mezzanotte/ e la vita cammina quasi dritta (Emily Dickinson, 1862). Le opere sono concepite come pagine di diario al termine di una passeggiata notturna in cui tuttavia è necessaria la luce: l’immagine del fiore è ottenuta, a seconda della tecnica, per esposizione diretta ai raggi solari, per sottrazione di grafite, o per addizione di pigmento. In ogni caso, il disegno emerge dal buio con una luminosità propria che ricorda il modo in cui solo nel cielo della notte sono visibili stelle e pianeti. Come nel Paradosso di Olbers, i fiori di Calabrese somigliano a piccole scintille nell’oscurità, ombre di una natura ancora in grado di generare visioni.

Esploratore di una dimensione onirica e notturna, Calabrese da sempre predilige le sfumature del blu di Prussia, muovendosi al confine tra figurazione e monocromia. Le sue immagini prendono corpo nel buio, chiedono alle pupille di dilatarsi per abituarsi all’oscurità. Così i fiori sembrano appena emergere dalle superfici d’ombra delle opere, che sono fragili per la delicatezza delle carte e delle polveri utilizzate. In questa fragilità esasperata da una scelta espositiva priva di cornici o di altri dispositivi di protezione, ciascun lavoro si offre nudo allo sguardo, seduce, desidera e stimola il tatto. Ma questi fiori non si toccano, non si raccolgono. Il dato naturale è completamente esposto, eppure sembra appena affiorare, sfumato, dai fondi blu e grigi. L’artista esplora così la soglia tra immagine velata e manifesta, evidenziando il potere attrattivo di ciascun fiore che, pur donandosi, si ritrae in una sensualità luminosa e sinistra al tempo stesso.

Nella serie
compieta – termine che nella Liturgia delle Ore indica l’ultima preghiera prima del riposo notturno – sono raffigurati fiori selvatici: veronica, morella, pruno e tarassaco, tra gli altri. Ogni singolo pezzo è stato realizzato nell’ultima ora dei trentuno giorni di maggio, dalle ventitré a mezzanotte, come registrato accuratamente sul retro. Posizionate poco sospese dal pavimento, le opere sembrano germogliare da una terra invisibile, creano un prato immaginario su cui è necessario inginocchiarsi per uno sguardo ravvicinato, come l’atto devozionale di un rito vegetale. La mostra evoca un giardino plumbeo e il corpus di opere si configura come una variazione sul tema ricca di contrappunti tra formati e specie diverse. A parete, lontano da terra, ogni opera si fa schermo, lente di ingrandimento su una natura buia o filtro di luce blu. È questo il caso del grande dittico, dove la giustapposizione di grafite e pittura monocroma sembra alludere al blu della notte che si appresta ad avvolgere la pianta di gelsomino rampicante nell’ombra, fiore di pascoliana memoria che apre i suoi petali al calar della sera. Di questa notte che avanza l’artista ci rende partecipi anche attraverso la diffusione di suoni che riproducono il brulicare di una natura che resta sveglia mentre il resto del mondo dorme, contribuendo ad infittire la trama di corrispondenze e sinestesie.

Con questi nuovi lavori Calabrese si confronta con la tradizione grafica e pittorica che, dagli erbari medievali alla pittura contemporanea, ha fatto dello studio dei fiori e della natura morta un campo di prova per la figurazione e per l’astrazione. Echeggiano, in particolare, i
Plant Drawings di Ellworths Kelly – pittore statunitense esponente di spicco del minimalismo e dell’astrattismo, studiato e amato da Calabrese e di cui, proprio il 31 maggio 2023, ricorreva il centenario della nascita. Attraverso il disegno e la pittura l’artista instaura dunque un delicato dialogo con la storia della rappresentazione della natura nelle arti visive, e nel suo campionario di fiori avvolti nel grigio della grafite e nel blu dei pigmenti e della cianotipia, fa pratica del buio – o cambia l’oscurità/ o qualcosa nella vista /si adatta alla mezzanotte/ e la vita cammina quasi dritta (Emily Dickinson, 1862). Le opere sono concepite come pagine di diario al termine di una passeggiata notturna in cui tuttavia è necessaria la luce: l’immagine del fiore è ottenuta, a seconda della tecnica, per esposizione diretta ai raggi solari, per sottrazione di grafite, o per addizione di pigmento. In ogni caso, il disegno emerge dal buio con una luminosità propria che ricorda il modo in cui solo nel cielo della notte sono visibili stelle e pianeti. Come nel Paradosso di Olbers, i fiori di Calabrese somigliano a piccole scintille nell’oscurità, ombre di una natura ancora in grado di generare visioni.

Rosario Calabrese (Modica, Sicilia, 1995), vive e lavora a Torino.
La sua ricerca si basa sulla relazione tra due regole grammaticali fondamentali del linguaggio pittorico, quali la figurazione e la monocromia, prediletta nei toni del blu come rimando alla dimensione onirica e notturna. Tra le mostre più recenti: Metamorfosi, Complesso del Baraccano, Bologna, 2022; Abbiamo invitato un po’ di artisti nello spazio, Osservatorio Futura, Torino, 2021; Supersacca; Sacca Gallery, Pozzallo, 2020; Immaginare il futuro. Arte e sostenibilità, Pinacoteca Albertina, Torino, 2018; I ragazzi di città intelligenti non dipingono, con Dario Nanì, Movimento culturale V. Brancati, Scicli, 2018; (s/t + i/m) x generazioni, Palazzo della Cultura, Catania, 2018.

English version

The yellowish spots caused by foxing, the age-related process of deterioration on old paper, in the Italian language is indicated with the word “flowering”. We could imagine that paper can bloom somehow, and re-think a flower as an iconic emergence from the fibers of a sheet.
The latest project by Rosario Calabrese is inspired by a floral fascination and consists of a series of works on paper dedicated to over thirty different species of flowers and plants, collected as if to create a personal herbarium that goes along with seasonal and daily life rhythms. The nocturnal atmosphere is central to the artist’s research, this time exclusively focused on the botanical realm, as the title of the exhibition suggests: even flowers are black at night (translated). This expression, borrowed from The Thief’s Journal (1949) by the French writer Jean Genet, was found by Calabrese within the pages of the novel and then reproduced in the homonymous work from which the whole series began.

As an explorer of dreamlike and nocturnal dimensions, Calabrese always favors the shades of Prussian blue, moving between a figurative and monochrome language. His images take shape in the dark, asking pupils to dilate and get used to the darkness. Thus, flowers barely seem to emerge from the shaded surfaces of the works, which are fragile due to the delicacy of the medium and the powders used. The choice of installing with no frames nor any other protection intensifies this fragility, so that each work is presented like naked, tempting and eager for the touch of a hand. These flowers cannot be touched or gathered, though. The works are completely exposed, but the nature they represent seems barely to emerge, blurred as it is in the blue and gray backgrounds. Thus, the artist explores the boundaries between veiling and unveiling, highlighting the attractive power of each flower that gives itself and retracts at the same time, with a bright and yet sinister sensuality.

The series compieta – term which in the Liturgy of Hours indicates the last prayer before the night sleep – is a reproduction of wildflowers: veronica, morella, and dandelion, among the others. Every single piece was realized during the last hour of the thirty-one days of May, from eleven p.m. to midnight, as neatly recorded on the back. The works, suspended at low height from the floor, seem to grow from an invisible earth, and together they form an imaginary lawn where one must kneel for a closer look, performing a sort of act of devotion for a plant ritual. The exhibition evokes a plumbeous garden, and the body of works looks like a variation on the theme full of counterpoints between diverse formats and species. Far from the ground, each work becomes a screen on the wall, a magnifying glass on a dark nature or a blue filter. This is the case of the large diptych, where the juxtaposition of graphite and monochrome painting seems to allude to the blue of the night which is about to wrap the jasmine hedge climbing in the shadow – dear to Italian poet G. Pascoli, the jasmine opens its petals at nightfall. The artist involves us in his making of the night also using sounds of a swarming nature that stays awake while the rest of the world sleeps, thickening the net of correspondences and synesthesia.

With these new works, Calabrese challenges the graphic and pictorial tradition which, from medieval herbariums to contemporary painting, has made the study of flowers and still life a testing ground for figuration and abstraction. A special reference, among the many others, the Plant Drawings by Elleworths Kelly – American painter, prominent exponent of Minimalism and Abstraction, studied and admired by Calabrese and whose birth centenary was celebrated on May 31, 2023. Therefore, through drawing and painting, the artist establishes a delicate dialogue with the history of the representation of nature in visual arts, and with his collection of flowers shrouded in the gray of graphite and the blue of pigments and cyanotype, he experiences his own exercise of the dark – Either the Darkness alters/Or something in the sight/ Adjusts itself to Midnight/ And Life steps almost Straight (Emily Dickinson, 1862). The works are conceived as pages of a diary at the end of a nocturnal walk during which, nevertheless, some light is required: the image of the flower is obtained, according to the technique, by direct exposure to sun rays, by subtraction of graphite, or by addition of pigment. In any case, the drawing emerges from the darkness with its own brightness, and it recalls the way stars and planets are only visible in the night sky. As in Olbers’ Paradox, Calabrese’s flowers resemble small sparkles in the dark, shadows of a nature still capable of generating visions.

Rosario Calabrese (Modica, Sicily, 1995), lives and works in Turin.
His research is based on the relationship between two main grammatical rules of painting, figuration and monochrome, which he explores through the shades of blue in reference to a dreamlike and nocturnal dimension. Most recent exhibitions include: Metamorfosi, Complesso del Baraccano, Bologna, 2022; Abbiamo invitato un po’ di artisti nello spazio, Osservatorio Futura, Turino, 2021; Supersacca; Sacca Gallery, Pozzallo, 2020; Immaginare il futuro. Arte e sostenibilità, Pinacoteca Albertina, Turino, 2018; I ragazzi di città intelligenti non dipingono, with Dario Nanì, Movimento culturale V. Brancati, Scicli, 2018; (s/t + i/m) x generazioni, Palazzo della Cultura, Catania, 2018.